302 – Cos’è il dolore?

Cos’è il dolore?
Quel dolore che ti lacera la mattina quando ti svegli, che ti accompagna la notte mentre suonano i rintocchi del tuo cuore come una continua tortura.
Quel dolore che ti sveglia quando ti chiedi perché esisti.

Cosa si cela dietro un sorriso … pochi se lo sono chiesti, troppo pochi.

Tutti presi dalle apparenze di questo mondo frenetico che non ci lascia il tempo di chiedere all’altro “cosa c’è che non va?”

“Io l’ho chiesto spesso” molti risponderanno.

Ma quanti non si sono accontentati di un semplice “Niente, va tutto bene”?
È più semplice, pratico, rapido.

Ma in fondo dietro a quel “niente” molti sapevano che si nascondeva molto, ma la pazienza di scavare non l’abbiamo.

Scavare quando l’altro non vuole costa troppo tempo, troppa fatica.
Ieri è morto un ragazzo, si è suicidato, si è sparato nello sgomento di molti che credevano stesse bene, accontentati da un suo sorriso finto.

Il mondo oggi non sa più ascoltare ma solo fingere di farlo.

Il tasso di suicidi aumenta.
La solitudine attanaglia sempre più persone, la depressione avanza silenziosa.

Quanti si sentono rispondere: “Smettila di frignare, i tuoi non sono veri problemi, pensa alla fame nel mondo”, quanti poi soccombono a quei problemi.

È vero, c’è la fame nel mondo, ma c’è chi è così accecato dal proprio dolore,
per gli altri stupido, da non vederla.

“Sciocchi, ingigantiscono i problemi”, quanti lo hanno pensato.
Ma un problema sciocco copre la luce della vita, alcuni non vedono più la bellezza di un nuovo giorno, la speranza di migliorare, lo splendore della vita.

Se solo la smettessimo con la nostra presunzione di sapere tutto, sempre, di poter giudicare, sottovalutare.
Forse il tasso di suicidi diminuirebbe.

Fermiamoci e ascoltiamo le lamentele, tiriamo fuori il dolore.

A molti avremo semplicemente dato una spalla su cui piangere, una scusa in più per compiangersi, ad altri avremo salvato una vita.

Chi medita il suicidio è una persona fragile che ha bisogno di aiuto ma non riesce a chiederlo.

Magari alcuni di voi, mentre leggono, si trovano proprio nel ruolo di chi non riesce a chiedere aiuto.
Altri invece di chi non sa ascoltare …

Sentire di suicidi in tv non comunica molto.

Ma quando la persona in questione è una che hai visto spesso, il sangue si gela.
Tendiamo una mano ai bisognosi, non solo quelli evidenti.
Non lasciamo che le persone sole scompaiano, a rischio di perdere tempo.

Cerchiamo di mostrare che la vita può essere bella.

Buona giornata mondo di amici 🙂

Come muoiono oggi i vecchi?

Pur essendo assolutamente contrario filosoficamente,
umanamente ed eticamente alla pena di morte,
ci sono altre morti che mi colpiscono e mi addolorano maggiormente.

Penso alla morte delle persone anziane.
Come muoiono oggi i vecchi?
Muoiono in OSPEDALE.

Perché quando la nonna di 92 anni è un po’ pallida ed affaticata deve essere ricoverata. Una volta dentro poi, l’ospedale mette in atto ciecamente tutte le sue armi di tortura umanitaria.
Iniziano i prelievi di sangue, le inevitabili fleboclisi, le radiografie.
“Come va la nonna, dottore?”. “E’ molto debole, è anemica!”.
Il giorno dopo della nonna ai nipoti già non gliene frega più niente!
“Come va l’anemia, dottore?”. “Che vi devo dire? Se non scopriamo la causa è difficile dire come potrà evolvere la situazione”.
“Ma voi cosa pensate?”. “Beh, potrebbe essere un’ ulcera o un tumore… dovremmo fare un’ endoscopia”
Io faccio il chirurgo e lavoro da venti anni in ospedale.
Mi sono trovato moltissime volte in situazioni di questo tipo.

Che senso ha sottoporre una vecchia di 92 anni ad una gastroscopia?
Che mi frega sapere se ha l’ulcera o il cancro?
Perché deve morire con una diagnosi precisa?

Ed inevitabilmente la gastroscopia viene fatta perché i nipoti vogliono poter dire a se stessi e a chiunque chieda notizie, di aver fatto di tutto per la nonna.
Dopo la gastroscopia finalmente sappiamo che la vecchia ha solamente una piccola ulcera duodenale ed i familiari confessano che la settimana prima aveva mangiato fagioli con le cotiche e broccoli fritti, “… sa, è tanto golosa”.

A questo punto ormai l’ ospedale sta facendo la sua opera di devastazione.
La vecchia perde il ritmo del giorno e della notte perché non è abituata a dormire in una camera con altre tre persone, non è abituata a vedere attorno a sé facce sempre diverse visto che ogni sei ore cambia il turno degli infermieri, non è abituata ad essere svegliata alle sei del mattino con una puntura sul sedere.

Le notti diventano un incubo.
La vecchietta che era entrata in ospedale soltanto un po’ pallida ed affaticata, rinvigorita dalle trasfusioni e rincoglionita dall’ambiente, la notte è sveglia come un cocainomane. Parla alla vicina di letto chiamandola col nome della figlia, si rifà il letto dodici volte, chiede di parlare col direttore dell’albergo, chiede un avvocato perché detenuta senza motivo.

All’inizio le compagne di stanza ridono, ma alla terza notte minacciano il medico di guardia “…o le fate qualcosa per calmarla o noi la ammazziamo!”
Comincia quindi la somministrazione dei sedativi e la nonna viene finalmente messa a dormire.

“Come va la nonna, dottore? La vediamo molto giù, dorme sempre”.
Tutto questo continua fino a quando una notte (chissà perché in ospedale i vecchi muoiono quasi sempre di notte) la nonna dorme senza la puntura di Talofen.
“Dottore, la vecchina del 12 non respira più”

Inizia la scena finale di una triste commedia che si recita tutte le notti in tanti nostri ospedali: un medico spettinato e sbadigliante scrive in cartella la consueta litania “assenza di attività cardiaca e respiratoria spontanea, si constata il decesso”

La cartella clinica viene chiusa, gli esami del sangue però sono ottimi.
L’ospedale ha fatto fino in fondo il suo dovere, la paziente è morta con ottimi valori di emocromo, azotemia ed elettroliti.
Cerco spesso di far capire ai familiari di questi poveri vecchi che il ricovero in ospedale non serve e anzi è spesso causa di disagio e dolore per il paziente,
che non ha senso voler curare una persona che è solamente arrivata alla fine della vita.

Vengo preso per cinico, per un medico che non vuole “curare” una persona solo perché è anziana. “E poi sa dottore, a casa abbiamo due bambini che fanno ancora le elementari non abbiamo piacere che vedano morire la nonna!”.

Ma perché? Perché i bambini possono vedere in tv ammazzamenti, stupri, “carrambe” e non possono vedere morire la nonna?
Io penso che la nonna vorrebbe tanto starsene nel lettone di casa sua, senza aghi nelle vene, senza sedativi che le bombardano il cervello, e chiudere gli occhi portando con sé per l’ultimo viaggio una lacrima dei figli, un sorriso dei nipoti e non il fragore di una scorreggia della vicina di letto.

Regaliamo ai nostri vecchi un atto di amore, non cacciamoli di casa quando devono morire.

Sei il mio sole

stazione

SOLITUDINE…

– E LA CERTEZZA DI UN DOMANI MIGLIORE –

Freddo, si che freddo. E un freddo speciale, diverso, niente scalda, coperta, cappotto, nulla serve, sento freddo, tanto freddo.

Mi siedo su un marciapiede, il sole sul viso e l’anima di un gattino rannicchiato, infreddolito.

Una carezza… è il sole che mi accarezza piano il viso.

Rabbrividisco per un istante, fa freddo, non ci sono treni, non ci sono stazioni, il sole, ci sta solo il sole. Chiudo gli occhi, non sono sola, ci sta il sole. Il gattino rannicchiato dentro di me, mi dice: “Lasciami in pace” dammi pace, lo sento respirare, vuole vivere.

La borsa per terra, non vedo chi passa, non vedo nulla, sento solo freddo.

Una canzone mi dice...”Con le mani puoi costruire castelli, autostrade.

“Costruire”, si muove il gattino, si stiracchia un po’ con le mani, con la forza, con tutta se stessa, costruire, mai distruggere, mai tornare indietro, e dirsi, “non posso”, no, non distruggo, lo accarezzo quel gattino.

Il sole all’improvviso lo sento dentro un po’ di tepore. Anche se non basta riscaldare il cuore.

Che silenzio. E buio, eppure è mattina.

“L’anima” coperta da un paio d’occhiali da sole, sì la mia anima che si legge nei miei occhi, protetta da quella nuvola informe che sono le persone che mi passano davanti.

Le vedo velate, dietro i miei occhiali, un mondo che mi gira intorno e sembra non vedermi, mentre combatto con l’odore dei ricordi.

Anche loro all’improvviso stamattina qui, nella mia vita, in quest’angolo di strada.

Chi mi guarda crede che io sia pazza. No, sto solo cercando di stringere forte nelle mie mani quel sole, di far tornare la luce.

Ho bisogno di parole, ma non parole gia sentite, non parole gia dette. Parole che vorrei che qualcuno, inventasse per me, che vivessero solo quel tempo che dalla bocca arrivino alle mie orecchie, e che non siano mai stati di nessun altro, che possa memorizzarle, scolpirle della memoria e che siano solo mie.

Un “ti amo “… sarà di qualcun altro alla fine. No, non è questa parola che voglio stamattina.

… Suona il cellulare, ma si cosa importa chi è, non mi darà parole nuove.

Ho smesso di mangiare, ho smesso di leggere, ho smesso di scrivere.

“Lavori in corso” dentro di me. Sono cambiata. Migliore, peggiore, non saprei.

Sicuramente, non piu io.

E andato via il sole, non sono riuscito a trattenerle, ho aperto le mani per un istante, un solo istante. Sono vuote di nuovo. Quanto tempo è che sono qui? Un ora, pochi minuti, non lo so, ridacchio fra me… “se allungo una mano, mi danno l’elemosina”, scoppio a ridere, che strano suono. Me lo era dimenticata, questo lo memorizzo, domani potrà servirmi, magari domani... “si…domani”.

Ma esiste chi inventa parole nuove?

Ci provo io. Che parola potrei inventare se amassi qualcuno?

Che cosa potrei dirgli? Non mi viene in mente nulla di mai dette. Mi viene in mente solo questa frase, credo scontata … ” sei il mio sole all’improvviso”

Non la dico la metto via, domani potrebbe servirmi, sì, forse domani.

Prendo la mia borsa, mi alzo e m’incammino, e notte, ci sono solo io in questa strada.

Non tolgo l’occhiali, non e ancora il momento, nessuno deve guardarmi dentro, ancora no. Mi vedo andare via. Sembro un mucchietto di stracci, e quanto freddo.

Non ha importanza dove vado, ho qualcosa in piu di ieri.

Uno strano suono dimenticato e una frase scontata da dire.

Ho messo tutto in un posto speciale, li ho messi dentro di me, e quel mucchietto di stracci, un po’ curvo, nel buio, illumina la strada come se fosse una stella.

– 2004 lasciando la mia vita – verso l’ignoto -Lisa

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